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Il rialzo dei tassi pesa su mutui e prestiti, ma senza drammi
Con la stretta continua dei tassi da parte della Bce, diventa sempre più costoso finanziarsi. Anche se le condizioni non destano particolari preoccupazioni rispetto alle medie storiche. Ad agosto i prestiti alle sole famiglie registrano un calo a dodici mesi dello 0,6%, rispetto al -0,3% di luglio.
Rallenta, ma senza drammi, il mercato dei prestiti e dei mutui in Italia, risentendo della politica monetaria restrittiva e del rallentamento del ciclo economico.
Secondo le ultime rilevazioni della Banca d’Italia, nel mese di agosto i finanziamenti al settore privato, corretti sulla base della metodologia adottata dal Sistema europeo delle banche centrali (Sebc), sono calati del 3,4% sui dodici mesi. A luglio il calo annuo era stato nell’ordine del 2,3%.
Isolando dal calcolo generale i prestiti alle sole famiglie, il calo a dodici mesi è dello 0,6%, un trend in peggioramento rispetto al -0,3% di luglio, ma tutto sommato rassicurante a considerare il contesto nel quale è maturato.
Più marcata la contrazione delle erogazioni alle società, nell’ordine del 6,2% rispetto ad agosto 2022, contro il -4,0% registrato a luglio.
Pesa la stretta monetaria
Dalle rilevazioni dell’istituto di Via Nazionale non è dato sapere se il trend negativo è imputabile a criteri di erogazione più restrittivi da parte delle banche o a un calo della domanda. Probabile che l’esito sia dovuto a un concorso di cause, ma con una prevalenza della componente di domanda, dato che il rischio di recessione porta spesso a congelare gli investimenti e le spese, riducendo così la necessità di finanziarsi.
Intanto, i tassi di interesse sui prestiti erogati alle famiglie per l’acquisto di abitazioni comprensivi delle spese accessorie (tasso annuale effettivo globale, Taeg) hanno raggiunto il 4,67%, in rialzo dal 4,58% di luglio. Pesa la stretta monetaria da parte della Bce, ma siamo su livelli in linea con quelli pre-crisi del 2007 e lontanissimi dalle due cifre percentuali sperimentate ai tempi della lira.
Il Taeg sulle nuove erogazioni di credito al consumo si è collocato al 10,63% (10,48 nel mese precedente). Sia sul fronte dei mutui, sia su quello dei prestiti, i tassi sono destinati a crescere ulteriormente dato che le rilevazioni di agosto non incorporano il nuovo rialzo (nell’ordine dello 0,25%) deciso dalla Bce a fine settembre.
Inflazione in rallentamento
Intanto, la stessa Bankitalia ha pubblicato la nuova Indagine sulle aspettative di inflazione e crescita condotta tra le imprese italiane dell’industria e dei servizi con almeno 50 addetti. Dal sondaggio emerge che le valutazioni sulla situazione economica generale del Paese, così come le attese sulle proprie condizioni operative nei successivi tre mesi, sono peggiorate rispetto a quelle rilevate nel trimestre precedente, sebbene le difficoltà legate al costo dei beni energetici si siano ulteriormente attenuate.
I giudizi sulle condizioni per investire sono peggiorati, proseguendo la tendenza in atto dall'inizio del 2022, anche se le imprese continuano a prefigurare una crescita degli investimenti nel complesso del 2023 e questo costituisce un aspetto tutt’altro che scontato a considerare il contesto macro che stiamo attraversando.
A consentire di vedere il bicchiere mezzo pieno concorrono le aspettative sull’inflazione a dodici mesi. Queste ultime, che nel quarto trimestre dello scorso anno si attestavano all’8,1%, oggi si fermano al 4,7%, una bella boccata d’ossigeno per le finanze di imprese e consumatori. Mentre le aspettative a cinque anni arrivano al 3,8%, un livello in ulteriore contrazione, per quanto superiore a quello ideale secondo le banche centrali occidentali, cioè in area 2%.
Cosa attendersi da qui in avanti
Dando per scontato un ulteriore incremento dei tassi quando saranno disponibili le rilevazioni di settembre, la sensazione è che la politica restrittiva da parte della Bce sia vicina al capolinea.
La sensazione diffusa tra gli analisti, dopo il rialzo dello scorso mese, era che i tassi sarebbero rimasti fermi almeno fino alla fine di quest’anno. Anche se le tensioni in Medio Oriente hanno rilanciato verso l’alto i prezzi del petrolio. “Non vediamo alcuna ragione che modifichi questa tendenza”, ha provato a gettare acqua sul fuoco il governatore francese François Villeroy de Galhau. I prezzi del greggio, ha aggiunto, rappresentano solo una piccola parte dell’inflazione che nel complesso è in calo “in modo chiaro”. Il carovita nell’Eurozona è sceso a settembre del 4,3% dopo aver raggiunto un picco del 10,6% a ottobre dello scorso anno. Verosimilmente il 26 ottobre vi sarà una pausa, in attesa di capire l’impatto degli ultimi rialzi, considerato che di solito i prezzi al consumo reagiscono con sei-otto mesi di ritardo alle decisioni sui tassi.
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