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Finanziamenti: cosa succede se sospendi la rata

Pubblicato il 28/05/2015
Finanziamenti: cosa succede se sospendi la rata

E’ possibile sospendere il pagamento di un finanziamento attivo? E’ una domanda che i consumatori si pongono, considerando che il periodo di crisi economica spesso porta le famiglie a non poter sostenere gli impegni presi.

Per quanto concerne il credito al consumo, è possibile  beneficiare della clausola di recesso entro 14 giorni dalla stipula del contratto. In questo caso non sono previste penali.

Se il ripensamento avviene dopo la scadenza di questo termine, il contratto ha efficacia e per poterne variare le condizioni, ad esempio facendo richiesta di una sospensione, occorre rivolgersi all’istituto di credito o finanziaria. In questo caso sarà l’ente erogante ad avere facoltà di accordare o meno il congelamento del finanziamento.

In linea di massima, le regole del sistema bancario impongono tassativamente il pagamento delle rate, vincolo che si sottoscrive all’atto di stipula del contratto. E’ il Codice Civile a sancire questo principio, all’articolo 2740 che esplicita l’obbligo dei debitore a rispondere dei debiti contratti, utilizzando a garanzia i propri beni, presenti e futuri. 

In altre parole, a meno che non intervenga una prescrizione del credito vantato, i creditori hanno il diritto di rivalsa sui beni dei creditori, attraverso il pignoramento presso terzi. In questi casi la finanziaria viene legittimata, se previsto dalle norme contrattuali, a notificare al debitore la decadenza del beneficio del termine. In pratica viene inviata una comunicazione a mezzo raccomandata che avvisa il debitore che non è piiù possibile la restituzione del prestito attraverso rate mensili e che, contestualmente, è necessario saldare il debito residuo in un’unica soluzione, entro 7-10 giorni.

Se il debitore non dovesse onorare il contratto secondo quanto pattuito, si procede con un decreto ingiuntivo, firmato dal Giudice, in cui si comunica al debitore che entro il termine di 40 giorni deve rivolgersi ad un legale e proporre opposizione. In mancanza di opposizione, il decreto ingiuntivo diventa esecutivo, con l’atto di pignoramento. La normativa in materia è stata recentemente rivisitata dall'art. 1 comma 20 della legge 24 dicembre 2012 n. 228, che ha apportato modifiche agli articoli 548 cpc e 549 cpc riguardanti le comunicazioni da parte del creditore e sulle eventuali contestazioni.

Il  procedimento legale è tuttavia un caso limite, dal momento che, soprattutto nel contesto attuale, è la stessa legislazione a venire incontro ai debitori in  difficoltà. E’ stata la Legge di Stabilità 2015 a pronunciarsi in materia, con una norma (art.1, comma 246) riguardante la sospensione della quota capitale delle rate di mutui e finanziamenti per famiglie e piccole e medie imprese.

Le misure attuative sono state vagliate dal Ministero dell’Economia e dal Ministero dello Sviluppo Economico, in  accordo con Abi, associazioni dei consumatori e imprese. L’accordo definitivo è stato sottoscritto da Abi e 9 associazioni consumatori, prevedendo la sospensione per un massimo di dodici mesi, a fronte del triennio inizialmente ipotizzato.

Comprensibile che alcune tra le associazioni consumatori abbiano evidenziato criticità nella traduzione operativa della legislazione: tra queste, Altroconsumo non ha sottoscritto l’accordo, ritenendo che sia limitativo rispetto al quadro normativo introdotto dalla Legge di Stabilità.

Al di là della riduzione dell’arco temporale a cui viene applicata la moratoria, l’associazione consumatori ha evidenziato la mancanza di vantaggi effettivi dell’allungamento del piano di ammortamento, in cui peraltro vengono rivisti al rialzo gli interessi.

A cura di: Alessia De Falco

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