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Smart working: nuovi bisogni e nuovi problemi
Lavorare da casa è un'opportunità largamente apprezzata in Italia, ma che presenta qualche problema. Dalle dotazioni tecnologiche da acquistare ai problemi derivanti dalla mancanza di socialità e dall'utilizzo intensivo della tecnologia, ecco come affrontare le situazioni più spinose.

Un pc più veloce, una lampada che garantisce luce diffusa, una scrivania ampia e capiente. Sono alcuni degli acquisti legati alla crescita dello smart working, che si portano dietro un incremento di finanziamenti nel settore, soprattutto in merito agli oggetti più costosi.
Tendenza in crescita
Secondo l’ultima analisi del Barometro Crif, nel mese di ottobre le richieste di prestiti da parte delle famiglie sono cresciute del 10% rispetto allo stesso mese del 2021. Il trend positivo influenza anche l’importo medio richiesto, che dopo nove mesi consecutivi di variazioni negative, fa segnare un incremento dell’1,6% per attestarsi a 8.127 Euro.
Entrando nel dettaglio, i prestiti personali crescono del +19,5%, mentre l’importo medio risulta pari a 12.041 Euro (-5,8% rispetto al corrispondente periodo del 2021). Dinamica positiva anche per i prestiti finalizzati, che segnano un +5,4% e vedono l’importo medio attestarsi a 5.950 euro (+5,3 rispetto a ottobre 2021).
Bisogni emergenti
Dopo la fase emergenziale, è il momento del consolidamento, con molte aziende che accettano di rendere strutturale per qualche giorno al mese il lavoro a distanza. Secondo l’ultimo Osservatorio sullo smart working curato dal Politecnico di Milano, sono ormai 3,6 milioni gli italiani che svolgono parte della loro attività lavorativa al di fuori della sede aziendale. Rispetto allo scorso anno è calato di un terzo il tasso di adesione tra i dipendenti della Pubblica amministrazione, mentre la crescita continua nel privato, in particolare tra le grandi aziende, in linea con un’esigenza espressa da parte dei lavoratori. E sempre più aziende riconoscono i benefici dell’approccio ibrido, che consente di risparmiare sulle utenze (e sui buoni pasto, che tanti scelgono di non corrispondere nei giorni in cui si lavora a distanza) e di fidelizzare il personale in una fase in cui sono proprio le risorse umane a fare la differenza.
I problemi non mancano
Ma non mancano alcuni problemi. Secondo uno studio effettuato da Nfon (azienda tedesca di soluzioni per la comunicazione aziendale sul cloud) a livello europeo, tra i lavoratori vi è una generale approvazione dello smart working, anche se quasi uno su quattro rileva un incremento delle ore di impegno aziendale. Di fatti, al tempo stesso oltre un terzo degli intervistati dichiara di avere raggiunto un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata, con più tempo per famiglia e amici. Mentre quasi la stessa quota afferma di essersi dedicato di più allo sport.
I risultati dello studio indicano però che le nuove condizioni lavorative causano anche stress, con oltre il 40% che afferma di sentirsi sotto pressione quanto lavora da casa e uno su tre che lamenta l’isolamento dovuto alla mancata interazione sociale con i colleghi. Poco più del 20% si mostra infastidito dal fatto di essere contattabile a tutte le ore e solo di poco inferiore è la quota di coloro che lamentano lo stess creato degli apparecchi elettronici: per esempio il computer poco efficiente o il Wi-Fi lento per la cattiva connessione a Internet. Un problema, quest’ultimo, che merita di essere approfondito in ottica di smart working strutturale.
Come evitarlo? Intanto prestando attenzione all’ergonomia, criterio guida nella predisposizione dell’ambiente di lavoro, che dovrebbe essere il più confortevole possibile per il lavoratore. A questo proposito va ricordato che i lavoratori devono essere resi edotti in materia dal datore, che ha un obbligo di informazione e formazione. Intanto esistono soluzioni fai da te per ridurre il tecnostress, come piccole, ma frequenti pause dai device tecnologici, programmi di rilassamento e attività fisica. Per evitare che le opportunità del lavoro a distanza finiscano con il rivelarsi una trappola.
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