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Prestiti in crescita per le famiglie italiane
Le famiglie e le imprese italiane aumentano la richiesta dei finanziamenti e le banche mantengono un atteggiamento accomodante su questo fronte. Il fenomeno contagia anche il segmento dei mutui, con richieste sempre elevate a fronte di tassi che restano particolarmente contenuti.
Per il momento i prestiti reggono. Nonostante il peggioramento del quadro macro, tra persistenza di un’inflazione elevata e la guerra in Ucraina, le banche italiane continuano a mantenere una politica accomodante sul fronte dei finanziamenti e confermano tassi su valori particolarmente contenuti. È quanto emerge dalla lettura dell’ultimo bollettino mensile dell’Abi, l’associazione bancaria italiana.
Finanziamenti in crescita
A febbraio i prestiti alle imprese e famiglie sono aumentati del 2,3% rispetto a dodici mesi prima, confermando il dato rilevato a gennaio. Scorporando tra le due categorie, le imprese sono a +0,9% anno su anno e le famiglie a +4,0%. Soffermandoci su queste ultime, si tratta di un dato tutt’altro che scontato. La domanda di credito tende a crescere quando le famiglie sono ottimiste sui mesi a venire perché programmano acquisti (ad esempio l’automobile) o investimenti (una casa nuova, ma anche una ristrutturazione) e sono sufficientemente fiduciosi sulla capacità di riuscire a rimborsare la somma ricevuta.
Spinta dalla casa
Se il credito al consumo cresce senza strappi (+1,4% anno su anno, in leggera accelerazione rispetto al +1,2% registrato a gennaio), la componente dei mutui per l’acquisto di abitazioni sta trainando il mercato, con una variazione annua nell’ordine del 4,9%. Un trend difficile da ipotizzare all’inizio della pandemia, quando da più parti si sollevavano preoccupazioni sul futuro dell’immobiliare. In realtà, proprio in un momento di grande difficoltà, molti italiani hanno riscoperto la casa come asset rifugio, preferendola ai mercati finanziari.
Nel quarto trimestre del 2021 la quota di abitazioni acquistate con il ricorso al mutuo ipotecario è salita al 73,0% dal 71,3% del terzo trimestre precedente, avvicinandosi ai valori dell’estate del 2019. Il rapporto fra l’entità del prestito e il valore dell’immobile è invece rimasto pressoché stabile rispetto al trimestre precedente e si attesta al 78,0%. Si tratta di un altro segnale di ottimismo tra i nostri connazionali, considerato che nel frattempo i prezzi delle abitazioni hanno ripreso a salire. In questo l’inflazione, più che operare da freno, agisce come spinta. In particolare, chi già programmava un acquisto immobiliare tende ad accelerare la decisione quando prevede che i prezzi cresceranno ancora.
Tassi contenuti
I tassi di interesse sulle operazioni di finanziamento si mantengono su livelli particolarmente bassi. A febbraio la media delle erogazioni è stata completata con un interesse medio del 2,15%. Per fare un confronto, nel 2007, vale a dire prima della grande crisi finanziaria, il tasso si aggirava intorno al 6,2%. Poi lo scoppio della bolla relativa ai mutui subprime e la conseguente recessione globale hanno spinto le banche centrali a ridurre progressivamente i tassi ufficiali fino a zero.
Solo da pochi giorni, la Fed americana ha avviato la stagione della normalizzazione, con un rialzo dello 0,25% dettato dalla volontà di tenere a freno l’inflazione, mentre per ora la Bce ha rinviato ogni discorso in merito, limitandosi a deliberare una riduzione degli acquisti di emissioni governative dell’area. Le due sponde dell’Oceano non sono divise solo dal differente ritmo di crescita del carovita, +7,9% annuo negli Stati Uniti e +5,9% nell’Eurozona, ma anche dalla natura dei rialzi, che da noi sono trainati per la gran parte dall’impennata dei prezzi energetici, mentre in America pesa anche una componente più strutturale come quella salariale.
La qualità del credito resta buona
Le banche continuano a tenere larghi i cordoni della borsa grazie soprattutto alla consapevolezza che la qualità del credito resta elevata. Le sofferenze nette – vale a dire i crediti divenuti di difficile esigibilità, calcolati al netto di svalutazioni e accantonamenti già effettuati – a gennaio si sono attestate a 18,2 miliardi di euro. Un dato in crescita di 3 miliardi rispetto al mese precedente, ma in calo di 1,7 miliardi su gennaio 2021. Dunque, a dispetto delle previsioni, la situazione resta sotto controllo e questo fa ben sperare per il futuro. In particolare, il rapporto sofferenze nette su impieghi totali si ferma all’1,04%, un decimo in meno rispetto a un anno prima e su livelli ampiamente sostenibili.
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