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Prestiti a leva: le raccomandazioni della Bce
Non ci sono rischi immediati, ma attenzione a concedere finanziamenti alle imprese sovrindebitate. È l'avvertimento della Bce all'indirizzo degli istituti dell'Eurozona, alla luce dell'aumento delle esposizioni, a maggior ragione in un contesto di rallentamento del ciclo economico.

Le banche operanti all’interno dell’Eurozona prestino particolare attenzione alla concessione di prestiti a soggetti fortemente indebitati. È la raccomandazione che arriva dalla Banca centrale europea, a valle di un’analisi condotta sui cosiddetti “leveraged loans”, categoria nella quale rientrano i finanziamenti concessi a imprese che hanno un debito superiore a quattro volte l’Ebitda (che indica la capacità di un’azienda di fare profitti all’interno della propria attività di business, senza quindi considerare ammortamenti, imposte, svalutazioni e altre componenti che pure incidono nel bilancio fino ad arrivare all’ultima riga che indica un utile o una perdita netta). Non che ci siano rischi evidenti di una crisi sistemica, ma alla luce del rallentamento del ciclo economico, è un’eventualità che non si può escludere a priori. Anche perché i violenti rialzi dei tassi nel corso dell’ultimo anno e mezzo hanno creato situazioni di evidente tensione finanziaria per molte imprese. E in ogni caso, sottolinea l’istituto di Francoforte, meglio sgombrare il campo dalle preoccupazioni in merito.
Di cosa si tratta
Secondo diverse fonti giornalistiche, da qualche giorno la Bce ha avviato un’analisi sui rischi connessi alle operazioni a leva presenti nei bilanci di undici delle principali banche europee e non è escluso che si tratti solo del primo step, per poi coinvolgere progressivamente anche istituti di dimensioni minori.
In questa fase gli approfondimenti si concentrano su portafogli con prestiti concessi a imprese sovraindebitate ed esposizioni creditizie il cui debitore sia di proprietà di uno o più sponsor finanziari, a loro volta coinvolti in altri investimenti finalizzati ad aggregazioni, investimenti di private equity o altre operazioni straordinarie condotte con ampio ricorso al debito.
La questione della leveraged finance non è un tema dell’ultimo momento ma è da tempo all’attenzione della Bce, che intende rafforzare l’adesione delle banche alle aspettative di vigilanza. A questo proposito va ricordato che già nel 2022 il regolatore aveva fatto alcuni richiami pubblici sui rischi derivanti da rallentamenti economici imprevisti oppure dalla difficoltà a pagare gli interessi superiori alle attese.
I numeri che preoccupano
Sebbene l’aumento dei tassi abbia frenato le nuove erogazioni, tra il primo trimestre del 2018 e il terzo trimestre del 2021 le esposizioni aggregate in leveraged loans nei portafogli di 28 enti significativi sono passate da meno di 300 miliardi di euro a circa 500 miliardi di euro, vale a dire circa l’80% in più in tre anni. Gran parte di questo aumento deriva da fusioni e acquisizioni e da transazioni con elevato ricorso alla leva, alla ricerca di rendimenti in una fase di tassi a zero. Questo aumento è ancora più significativo se viene rapportato al capitale delle banche: nel medesimo periodo di tempo, le esposizioni ai leveraged loans da parte delle banche “significative” sono passate da circa il 40% del capitale primario di classe 1 (Cet1) a quasi il 60%.
Una crescita così impetuosa ricorda da vicino quella registrata all’inizio del secolo dai mutui subprime, prestiti concessi a persone a rischio solvibilità da banche voraci di rendimenti. Fino a che sono iniziate le difficoltà di rimborso, che presto si sono rivelate una vera e propria valanga che ha travolto in alcuni casi anche la classe media. All’origine della crescita non c’era solo il livello più elevato dei tassi applicati, ma anche il fatto che – al fine di limitare i rischi nei bilanci delle banche – questi mutui venivano impacchettati e piazzati sul mercato attraverso prodotti finanziari ad hoc. Con il risultato che tuttavia aveva tradito le aspettative, dato che si era prodotto un effetto moltiplicatore dei rischi fino all'esplosione che provocò la crisi di numerosi istituti finanziari, a cominciare da Lehman Brothers.
Come detto all’inizio, oggi il sistema bancario – in particolare quello europeo – appare decisamente più solido, ma quel precedente brucia ancora e per questa ragione l’istituto guidato da Christine Lagarde ha deciso di approfondire.
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