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Migliora la qualità del credito bancario. Prospettive positive per i finanziamenti
Il 2024 ha visto una significativa riduzione dei volumi complessivi delle cessioni di NPE: dai 30,9 miliardi di euro del 2023 si scende a 24 miliardi, con una contrazione che però non frena la dinamicità del mercato, testimoniata da un aumento del 10% nel numero delle transazioni.

La qualità del credito per le banche italiane, vale a dire la possibilità che i prestiti concessi vengano restituiti, è in crescendo. Una buona notizia per i bilanci degli Istituti e anche per i consumatori, dato che questo scenario tende a favorire le erogazioni, rispetto ai periodi in cui le banche devono smaltire i crediti non performanti.
Secondo l’ultimo Osservatorio NPE di Cribis Credit Management e Credit Village, nel corso dell’ultimo anno si è ridotto del 3,1% lo stock di Non Performing Exposures (NPE), arrivato a quota 50,9 miliardi di euro. Gli NPE sono esposizioni creditizie delle banche (come mutui, finanziamenti, prestiti) che non stanno generando i flussi di cassa attesi, perché i debitori non riescono più a ripagare regolarmente o del tutto quanto dovuto. In pratica, si tratta di crediti per i quali la riscossione è incerta, sia in termini di rispetto delle scadenze sia per l’ammontare delle somme da recuperare.
Il trend discendente evidenzia la capacità di adattamento e la crescente sofisticazione del settore bancario italiano, che si distingue in controtendenza rispetto al resto d’Europa, dove invece si registra un incremento degli NPE, soprattutto in Germania e Francia.
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Evoluzione del mercato del credito: meno volumi, più qualità
Nel dettaglio, il 2024 ha visto una significativa riduzione dei volumi complessivi delle cessioni di NPE: dai 30,9 miliardi di euro del 2023 si scende a 24 miliardi, con una contrazione che però non frena la dinamicità del mercato, testimoniata da un aumento del 10% nel numero delle transazioni. Questo dato riflette una crescente attenzione alla qualità degli attivi ceduti e a una maggiore selettività nelle operazioni, con il mercato secondario che consolida il proprio ruolo di motore principale delle transazioni, superando stabilmente il primario.
Il segmento “Unlikely To Pay” (UTP, categoria che comprende i crediti in via di peggioramento, ma non classificabili come vere e proprie sofferenze) subisce un forte ridimensionamento, con un calo dei volumi del 53%, a conferma di una strategia più mirata nella gestione del credito deteriorato e di una propensione a valorizzare gli asset più solidi. Le sofferenze nette, invece, diminuiscono in modo più marcato (-7,6%), mentre crescono i crediti in Past Due (+32,4%), che ora rappresentano l’11,1% del totale NPE.
Un sistema bancario più solido e resiliente
L’Italia si conferma in controtendenza rispetto alla media europea: mentre le principali banche dell’Eurozona vedono crescere gli NPE, il sistema bancario italiano continua nel suo percorso di de-risking, con una riduzione dello stock di 5,1 miliardi di euro tra il primo trimestre 2023 e giugno 2024. Il cosiddetto “stage 2 ratio” – indicatore delle esposizioni potenzialmente a rischio – scende dall’11,5% di fine 2023 al 9,4% di metà 2024, azzerando il gap con la media UE.
Questi risultati sono il frutto di una gestione industriale e razionale del credito deteriorato, resa possibile dalla collaborazione tra banche e operatori specializzati, e da politiche pubbliche di sostegno alle imprese. Dal 2015 al 2024, lo stock totale di NPE in Italia si è ridotto di circa 71 miliardi di euro, con una previsione di ulteriore calo a 84 miliardi entro il 2026, pari a un -23% a livello di sistema.
Riduzione NPE: impatto sulle prospettive di concessione dei prestiti
La riduzione degli NPE e la maggiore solidità patrimoniale delle banche italiane hanno un impatto diretto sulle prospettive di concessione dei prestiti. Un sistema bancario meno gravato da crediti deteriorati può infatti destinare più risorse al finanziamento dell’economia reale, migliorando la capacità di erogare nuovi prestiti a famiglie e imprese.
Attualmente le condizioni di fondo sono favorevoli: la stabilizzazione dei tassi di crescita, l’allentamento delle pressioni inflazionistiche e la solidità dei bilanci societari contribuiscono a rafforzare la fiducia degli operatori e a mantenere basso il rischio di default. I principali indicatori di liquidità aziendale non evidenziano particolari criticità, e la maturità delle emissioni societarie nei prossimi due anni non dovrebbe creare tensioni significative sul mercato del credito.
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