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Imprese: più fatturato ma peggiorano margini e rischio credito
Oltre il 40 per cento delle società italiane sono a un livello di rischio creditizio medio-alto. Lo indica una ricerca di CRIF, secondo cui il giro d’affari aumenta per effetto dell’inflazione, mentre peggiorano marginalità e rischio creditizio. Turismo e immobiliare tra i settori più a rischio.
Le imprese italiane registrano una generale crescita del giro d’affari, eppure denunciano – soprattutto in alcuni settori - un diffuso peggioramento della marginalità e del rischio di credito. La pandemia, con i provvedimenti che ne sono conseguiti, e la guerra hanno determinato differenti impatti (economici, finanziari e commerciali) sui diversi settori dell’economia del Paese. A questo, ha affermato Simone Capecchi, executive director di CRIF, sono seguiti eventi macro e geopolitici che hanno contribuito a rendere estremamente incerto e volatile il contesto in cui operano le aziende, e di riflesso le loro prospettive creditizie.
Oltre il 40% sono su un livello di rischio creditizio medio-alto
In sintesi, secondo la ricerca di CRIF, nel primo semestre di quest’anno le imprese italiane hanno iniziato a risentire in modo evidente dei molteplici fattori di tensione e di incertezza, tanto che oltre il 40% di loro si caratterizza per un livello di rischio creditizio prospettico medio-alto. In particolare, a livello settoriale, turismo, tempo libero, costruzioni e immobiliare (comparti che sin dall’inizio della pandemia avevano subito gli effetti più significativi) e l’agricoltura (a causa dell’emergenza idrica e del caro energia) risultano quelli maggiormente esposti. Rischi che non vengono compensati dall’aumento del fatturato.
C’è l’inflazione dietro l’aumento del fatturato
L’Osservatorio CRIF Pulse stima da un lato l’aumento del fatturato legato alla spinta inflazionistica (+9% annuo) e, dall’altro - a causa dall’incremento dei costi energetici e delle materie prime – prevede la riduzione dei margini operativi: -40 punti tendenziale e -50 punti base rispetto al 2019, ovvero prima che la diffusione del Covid arrivasse a condizionare in modo pesante l’economia globale. A livello di impatto finanziario, l’equilibrio fonti-impieghi delle aziende italiane resta delicato. Lo sostiene Simone Mirani, general manager di CRIF Ratings, secondo cui la pressione sui margini operativi e il fabbisogno di capitale difficilmente saranno compensabili nel breve in termini di generazione di cassa.
Nel 2020-21 scorta di liquidità a buon mercato
C’è comunque un punto a favore delle aziende, avere effettuato un’adeguata provvista finanziaria nel biennio 2020-2021 (favorita anche dai bassi tassi d’interesse), anche grazie agli strumenti messi in campo dal Governo per contenere la crisi causata dalla pandemia e oggi – secondo Mirani - dispongono di un vitale polmone di liquidità. Però, aggiunge, c’è da tenere presente che il venir meno delle moratorie e la conseguente ripresa dei piani di rimborso del debito, unitamente all’impatto dell’impennata dei costi dell’energia e di alcune materie prime, potranno accentuare le tensioni sul fronte della liquidità, specie nei settori ad alta intensità di capitale circolante e in quelli energivori. Inoltre, il rialzo dei tassi rappresenta, in particolare per le società con elevato debito, un ulteriore elemento di rischio nel medio termine e per il conseguente tasso di default nel biennio 2023-2024.
Turismo, tempo libero, immobiliare e agricoltura i più a rischio
In questo scenario di incertezza si inserisce la crescita vista nel primo semestre 2022 di una significativa quota di aziende considerate a rischio medio sulla base delle prospettive creditizie future (Middle), che salgono al 42,5% del totale, pur segnalando una riduzione delle imprese a rischio prospettico più elevato (Bottom), prevalentemente per effetto di una situazione pandemica maggiormente sotto controllo. In particolare, secondo la ricerca, a livello settoriale, permangono in posizione Bottom della graduatoria i comparti che sin dall’inizio della pandemia avevano subito gli effetti più significativi, come turismo, tempo libero e immobiliare. Si sono poi aggiunti agricoltura (per le condizioni climatiche ed energetiche avverse) e le costruzioni (per il progressivo venir meno degli incentivi). Al vertice della graduatoria (Top), tra i settori più resilienti si conferma il Farmaceutico, la cui natura (indipendentemente dal fenomeno Covid) ne sostiene fatturato, utili e capacità di generazione di cassa.
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