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Bonus edilizi: ecco cosa cambia per ritenute e plusvalenze
Dal 1° marzo la ritenuta d'acconto sui bonifici parlanti necessari per beneficiare degli oneri detraibili passerà dall'attuale 8% all'11%. Intanto il legislatore ha deciso di sottoporre a imposizione fiscale secondo le aliquote Irpef l'eventuale plusvalenza generata dai lavori del Superbonus.

Tra le numerose novità che sono state introdotte negli ultimi tempi in relazione ai bonus casa, una delle meno conosciute è quella relativa alle ritenute. Cerchiamo di capire di cosa si tratta e come può impattare sulle tasche dei consumatori.
Dal 1° marzo sale il prelievo fiscale
Come rilevato da Italia Oggi, tra le pieghe della manovra di Bilancio 2024 emerge che dal 1° marzo prossimo la ritenuta d'acconto sui bonifici parlanti necessari per beneficiare degli oneri detraibili come i bonus edilizi (è il caso del Superbonus, così come dell’Ecobonus, del bonus ristrutturazione e di quello relativo al rifacimento della facciata) passerà dall'8% all'11%. Si tratta di un acconto dell'imposta sul reddito (Irpef o Ires), con obbligo di rivalsa e viene effettuata all'atto dell'accredito dei pagamenti relativi ai bonifici disposti dai contribuenti a favore delle imprese esecutrici. La ritenuta non si applica in presenza di pagamenti diversi dal bonifico o nel caso in cui vengano acquistati immobili ristrutturati. Lo stesso vale in merito alle spese sostenute dall'imprenditore edile per gli interventi di recupero svolti sulla propria abitazione. In altri casi, invece, le somme bonificate sono già assoggettate al prelievo con ritenuta: ad esempio i condomini operano come sostituti di imposta, trattenendo la ritenuta del 4% di quanto dovuto all’appaltatore che effettua opera o presta il proprio servizio.
Cambia la tassazione delle plusvalenze
Un’altra novità riguarda la tassazione delle plusvalenze realizzate dalle cessioni di immobili sui quali sono stati realizzati interventi di efficientamento con il Superbonus. Se i lavori sono stati conclusi da non più di dieci anni all'atto della cessione, il guadagno rispetto al prezzo di acquisto viene assoggettato a tassazione sui redditi. Sono esclusi dal prelievo fiscale gli immobili acquisiti per successione o che sono stati adibiti ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari per la maggior parte dei dieci anni antecedenti alla cessione.
Quanto ai costi da considerare per il calcolo della plusvalenza, il legislatore ha stabilito che se gli interventi incentivati dal Superbonus sono stati conclusi da non più di cinque anni all'atto di cessione, non si tiene conto delle spese relative agli stessi a patto che siano state esercitate le opzioni di cessione del credito relativo alla detrazione spettante o dello sconto sul corrispettivo, mentre se sono stati conclusi in un arco temporale che va da cinque a dieci anni, si tiene conto soltanto del 50% delle spese, se si è usufruito dell'agevolazione e – al contempo - sono state esercitate le opzioni di cessione o sconto.
Superbonus al massimo del beneficio per le aree terremotate
Intanto è stata disposta una proroga delle vecchie regole del Superbonus per i lavori realizzati nelle aree colpite dal terremoto del 2016. Quindi, per quest’anno e il prossimo gli immobili ubicati nei territori interessati potranno continuare a beneficiare dello sconto in fattura e della cessione del credito di imposta. Sul tema è intervenuto Guido Castelli, commissario straordinario alla riparazione e alla ricostruzione, che in questo modo ha voluto chiarire le incertezze interpretative relative alla normativa di settore. “Le attività (di ristrutturazione, ndr) possono dunque proseguire nel corso del biennio 2024-2025 con l'obiettivo di accelerare ulteriormente il processo di ricostruzione, anche avvalendoci di questo strumento”, ha spiegato l’esperto.
Restando nell’ambito del Superbonus, gli addetti ai lavori segnalano l’allarme contenzioso. L’ultimo report mensile dell’Enea evidenzia che ci sono ancora dieci miliardi di lavori condominiali da completare, per i quali si apre la strada dello scalone dal 110 (o dal 90) al 70%. In questi casi c’è un elevato rischio di blocchi e contenziosi tra imprese e committenti. A livello nazionale la media di avanzamento dei lavori è dell’84,9%, ma alcuni territori sono sotto il 70%. Esclusa la possibilità di nuove proroghe, si rischia che molti dei lavori incompiuti possano dare adito a ricorsi in tribunale.
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