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Banche e finanziarie ben disposte sul fronte dei prestiti
Nonostante i venti contrari a livello macro e la stretta monetaria da parte della Bce, la situazione dei prestiti in Italia resta orientata alla crescita. Complici tassi in leggero progresso rispetto ai mesi scorsi, ma su livelli contenuti rispetto alle medie storiche.

Non che manchino i motivi di preoccupazione, tra bollette ancora in crescita, prezzi dei beni di prima necessità che hanno preso il volo e la guerra in Europa della quale non si vede via d’uscita. Il tutto con il risultato di una ripresa economica che perde forza, fino a spingere le organizzazioni internazionali a prevedere che nel 2023 l’Italia finirà in recessione. Fatte tutte queste premesse, c’è di fatto che in Italia continuano a crescere i prestiti a famiglie e imprese, con le banche e le finanziarie che tengono aperti i cordoni della borsa e le famiglie che evidentemente non si lasciano intimorire dal rialzo dei tassi, ricordando che i livelli attuali sono comunque sensibilmente più bassi rispetto alle medie storiche.
Ottimismo sul futuro
I dati di Bankitalia dicono che a settembre i prestiti concessi alle famiglie e alle imprese sono cresciuti del 4,2% rispetto a dodici mesi prima, mentre lo spaccato relativo solo alle famiglie si ferma ad agosto e indica un +4,1%.
Il che sta a significare che, quanto meno relativamente al proprio futuro, gli italiani continuano a essere ottimisti, tanto da finanziarsi per consumi e investimenti.
Ma il dato più sorprendente che emerge dai dati dell’istituto di Via Nazionale è un altro: sebbene a luglio la Bce abbia alzato i tassi dello 0,75%, per poi replicare la mossa a metà settembre, i tassi di interesse sulle operazioni di finanziamento permangono bassi. Il tasso medio sul totale dei prestiti è pari al 2,49%, in leggera crescita rispetto ad agosto, ma sensibilmente inferiore al 6,18% di fine 2007, prima cioè che scoppiasse la grande crisi finanziaria. Da quel momento le banche centrali hanno cominciato a tagliare i tassi ufficiali, fino a portarli sostanzialmente a zero, per iniziare a invertire la rotta solo all’inizio di quest’anno, quando ci si è resi conto che l’elevata inflazione non era un fenomeno di breve durata.
Mutui a buon mercato
Sta di fatto che, nonostante condizioni di finanziamento più gravose, gli operatori di mercato continuano a mantenere i tassi di mercato su livelli contenuti. Basti pensare che il tasso medio sulle nuove operazioni per acquisto di abitazioni è il 2,17% (2,07% il mese precedente, 5,72% a fine 2007). In queste condizioni sottoscrivere un mutuo è ancora un’opzione vantaggiosa rispetto alla locazione.
Le condizioni di mercato restano particolarmente accomodanti essenzialmente per una ragione: gli operatori hanno imparato dagli errori del passato e i crediti ammalorati ora restano sotto controllo nonostante il rallentamento del ciclo economico. Le elaborazioni dell’Abi segnalano che le sofferenze nette (cioè al netto delle svalutazioni e accantonamenti già effettuati dalle banche con proprie risorse) ad agosto si sono attestate a quota 16,3 miliardi di euro, in aumento di una cifra modesta (appena 400 milioni di euro) rispetto al mese precedente, ma addirittura in miglioramento di 200 milioni rispetto ad agosto 2021 e di 72,5 miliardi rispetto al livello massimo delle sofferenze nette, raggiunto a novembre 2015 (88,8 miliardi totali).
Il rapporto sofferenze nette su impieghi totali è pari allo 0,92% ad agosto 2022, mentre ammontava allo 0,96% ad agosto 2021, all’1,40% nello stesso mese del 2020 e al 4,89% a novembre 2015.
Tornano a crescere i depositi
Intanto, le incertezze dello scenario macro e la persistente debolezza dei mercati finanziari spingono le famiglie a scelte conservative in merito alle somme risparmiate. A settembre i depositi (in conto corrente, certificati di deposito, pronti contro termine) sono aumentati di 38 miliardi di euro rispetto a un anno prima (+2,1%). Detto delle ragioni che hanno portato a una scelta simile, va anche sottolineato che questa opzione espone a una perdita sicura. Perché, con l’inflazione intorno al 9%, tenere fermi sul conto 10mila euro significa ritrovarsi tra un anno l’equivalente di 9.100 euro. Una perdita rilevante di potere d’acquisto.
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