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Ancora in crescita i prestiti in Italia
Il rallentamento del ciclo economico non ferma la crescita dei prestiti a famiglie e imprese nel mercato italiano. Anche ottobre va in archivio con i principali indicatori in crescita, anche se a un ritmo meno contenuto rispetto alle rilevazioni dei mesi precedenti.
Il mercato italiano dei prestiti resta dinamico. Ad ottobre i finanziamenti concessi a famiglie e imprese sono cresciuti del 3,4% rispetto a un anno fa. Per quanto in rallentamento rispetto a settembre (+4,3% sempre nel confronto annuo), viene confermato l’andamento positivo a dimostrazione del buon andamento del settore. Tanto la domanda, quanto l’offerta delle banche e società finanziarie resta dunque ben orientata.
Le principali tendenze
I dati sono stati diffusi dall’Abi (Associazione bancaria italiana), sulla base delle rilevazioni effettuate dalla Banca d’Italia. Per ottenere lo spaccato tra famiglie e imprese occorre fare riferimento a settembre, con la prima categoria che ha segnato un +4,2% nel confronto annuo e la seconda a +4,4%.
Tornando ad ottobre, nonostante il nuovo rialzo del tasso ufficiale da parte della Bce (+0,75%), i tassi di interesse sulle operazioni di finanziamento permangono bassi: il tasso medio sul totale dei prestiti è pari al 2,78%, in rialzo rispetto al 2,47% del mese precedente, ma ben distante dal 6,18% registrato prima della grande crisi finanziaria, a fine 2007. Mentre il tasso medio sulle nuove operazioni di finanziamento alle imprese è stato pari pari al 2,55% contro il 2,00% di settembre e il 5,48% a fine 2007). Infine, il tasso medio sulle nuove operazioni per acquisto di abitazioni è il 2,73% (2,26% il mese precedente e 5,72% a fine 2007).
Considerati nel loro insieme, questi dati evidenziano una situazione assolutamente sotto controllo, che crea le premesse per il proseguimento del trend di crescita.
Crediti in malus sotto controllo
Indicazioni positive arrivano anche dal fronte delle sofferenze nette (cioè al netto delle svalutazioni e accantonamenti già effettuati dalle banche con proprie risorse). A settembre questo indicatore si è attestato a 16,2 miliardi di euro, sostanzialmente stabile rispetto al mese precedente, ma in aumento di circa 0,8 miliardi rispetto a settembre 2021. Considerato il rallentamento in atto nella crescita economica, e considerate anche le scorie della crisi pandemica, non si tratta di una situazione allarmante, che può spingere gli istituti a stringere i cordoni della borsa. Per fare un paragone, basti pensare che a novembre del 2015 si era arrivati a quota 88,8 miliardi.
Da quel momento ha iniziato a svilupparsi un mercato dei crediti deteriorati, con tanto di compratori e venditori, ma soprattutto con la presenza di società specializzate nella gestione e valorizzazione di questi asset, in grado cioè di recuperare somme elevate rispetto al credito nominale anche nei casi in cui le possibilità di farsi pagare dai debitori entrati in crisi appaiono residuali.
Attualmente il valore del rapporto sofferenze nette su impieghi totali è lo 0,92%, un livello fisiologico e solo in leggero calo rispetto allo 0,89% di settembre 2021 (4,89% a novembre 2015).
Calo della raccolta
I segnali di rallentamento del ciclo economico iniziano a emergere quando si passa a esaminare la dinamica della raccolta diretta complessiva (depositi da clientela residente e obbligazioni), in calo dello 0,2% su base annua.
A settembre i depositi (in conto corrente, certificati di deposito, pronti contro termine) sono lievemente aumentati, nello stesso mese, di 1,5 miliardi di euro rispetto a un anno prima (variazione pari a +0,1% su base annuale), mentre la raccolta a medio e lungo termine, cioè tramite obbligazioni, è scesa, negli ultimi 12 mesi considerati, di circa 8,3 miliardi di euro in valore assoluto, pari al -2,9%.
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