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Percettori di pensioni: l'Italia sotto la media europea
Solo un terzo degli italiani tra i 50 e i 74 anni è pensionato, con alcune disuguaglianze soprattutto nel Mezzogiorno. Il sistema pensionistico italiano premia le carriere stabili, ma penalizza chi ha vissuto percorsi lavorativi discontinui o marginali.

Nonostante l’Italia sia uno dei Paesi con la popolazione più anziana d’Europa, la quota di cittadini che percepisce una pensione nella fascia d’età tra i 50 e i 74 anni è sorprendentemente tra le più basse dell’Unione Europea.
Il dato emerge dal recente approfondimento ISTAT dedicato a “Pensione e partecipazione al mercato del lavoro”, che fa luce non solo sulla distribuzione dei trattamenti pensionistici, ma anche sulle fragilità economico-sociali che li accompagnano. Il quadro che si delinea è quello di un sistema previdenziale influenzato da disuguaglianze strutturali.
Secondo i dati ISTAT aggiornati al 2023, solo il 32,1% degli italiani tra i 50 e i 74 anni percepisce almeno una pensione. Si tratta di circa 6,6 milioni di persone, con un’età media pari a 68,3 anni. La distribuzione è fortemente concentrata nella fascia 65-74 anni, dove si collocano oltre l’80% dei percettori.
Rispetto alla media europea del 40,5%, l’Italia risulta sotto di oltre 8 punti percentuali. Condizioni peggiori, invece, per Spagna (24,3%), Danimarca (25,5%) e Grecia (31,7%).
Panoramica del sistema pensionistico italiano
La stessa indagine evidenzia come il 43,4% della popolazione tra 50 e 74 anni sia occupata e non percepisca alcuna pensione, quota in linea con la media UE. Ma è l’altro 24,4% a destare maggiore preoccupazione: si tratta di persone che non lavorano e non ricevono alcuna forma di pensione. Sono oltre 5 milioni, prevalentemente donne (75,7%), spesso con bassa scolarizzazione e residenti nel Mezzogiorno. Un terzo non ha mai lavorato, con punte del 47% nel Sud e del 55% tra chi ha solo la licenza elementare.
Questo segmento rappresenta una fascia ad altissimo rischio di esclusione economica, priva sia del sostegno di un reddito da lavoro che di un’entrata previdenziale e fortemente dipendente da reti familiari o assistenziali.
La partecipazione al mercato del lavoro italiano
Le diseguaglianze di genere nel sistema pensionistico italiano affondano le radici nelle differenze nella partecipazione al mercato del lavoro. Le donne italiane tra i 50 e i 74 anni che percepiscono una pensione sono solo il 28%, contro una media europea del 40,7%. Gli uomini, invece, si attestano al 36,5%, più vicini al dato UE del 40,4%.
Anche tra i pensionati over 65, il divario è evidente: il 68,3% delle donne riceve un trattamento pensionistico, contro l’87,7% degli uomini. All’opposto, il 26,8% delle donne in questa fascia non ha né un lavoro né una pensione, quasi cinque volte la quota maschile (5,7%).
Pensioni: il titolo di studio fa la differenza
Il livello di istruzione si conferma un fattore determinante nel garantire un accesso regolare alla pensione. Tra i 65-74enni, solo il 4,8% dei laureati non è né occupato né pensionato, mentre la quota sale a oltre il 25% tra chi ha al massimo la licenza media. Tra gli stessi laureati, l’8,6% percepisce una pensione ed è ancora attivo nel lavoro.
Nella fascia 50-64 anni, il 63,5% degli individui è occupato, ma con forti divari: tra i laureati solo il 9,6% non lavora e non riceve una pensione, contro il 62,5% tra i meno istruiti. La correlazione tra capitale umano e sicurezza previdenziale è quindi netta.
Accesso alle pensioni: gli stranieri penalizzati
Anche la cittadinanza incide fortemente. Tra gli stranieri di età compresa tra 65 e 74 anni, il 59,6% non riceve alcuna pensione, a fronte del 21,4% degli italiani. Di questi, il 27% è ancora occupato, contro il 5% tra gli italiani, ma ben il 32,6% non lavora e non riceve alcun trattamento.
Pensioni: le differenze territoriali
Nel Mezzogiorno solo il 70% degli over 65 riceve una pensione (contro oltre l’80% del Nord) e il 50% dei 50-64enni è occupato (contro circa il 70% al Nord). In particolare, tra i 65-74enni del Sud, ben il 23,8% non lavora e non ha accesso a una pensione, rispetto a meno del 13% nel Nord.
L’accesso tardivo e spesso discontinuo al lavoro, unito alla precarietà occupazionale, contribuisce a creare un divario che si riflette anche sull’età effettiva di pensionamento.
L’età della pensione: il peso delle riforme
In Italia, l’età media per la ricezione della prima pensione di vecchiaia è pari a 61,4 anni: 60,9 per gli uomini e 61,9 per le donne. Un dato in linea con la media UE, ma che riflette gli effetti delle riforme previdenziali degli ultimi dieci anni. L’incidenza dei pensionamenti prima dei 60 anni, infatti, è crollata dal 90% pre-2009 a poco più del 10% nel 2023.
L’età di pensionamento è ancora più elevata nel Mezzogiorno (62,3 anni), tra gli stranieri (63,5) e tra i laureati (63,1), in parte a causa dell’ingresso ritardato nel mondo del lavoro.
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Il vantaggio della cessione del quinto rispetto a ogni altra forma di finanziamento è la sostenibilità del prestito, che evita il rischio di sovrindebitamento per i pensionati con trattamenti bassi, soprattutto nelle aree dove il welfare familiare è già fragile.
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