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I due volti dei prestiti in Italia
La domanda di finanziamenti da parte delle famiglie tiene botta. Un aspetto tutt'altro che scontato a considerare la congiuntura che stiamo attraversando. È quanto emerge da un'analisi dell'ABI, che ha elaborato i dati della Banca d'Italia fino a giugno.

La stretta monetaria da parte della Banca centrale europea si ripercuote inevitabilmente sulla dinamica dei prestiti in Italia, anche se non in materia omogenea, a dimostrazione di come le reazioni del mercato siano spesso tutt’altro che prevedibili. Mentre le sofferenze restano contenute, soprattutto sul fronte dei mutui e del credito al consumo.
La tenuta del Mezzogiorno
Molto si è detto negli ultimi giorni a proposito dei dati di Bankitalia relativi a giugno, che evidenziano una contrazione dei prestiti nell’ordine del 2,4% rispetto al medesimo periodo del 2022. A ben guardare, tuttavia, lo scenario è parecchio differenziato in base alla tipologia di “utenti” e alle aree geografiche. Cominciando dal secondo ambito, nel Mezzogiorno vi è stata addirittura una crescita nel confronto annuo, per quanto limitato allo 0,5%. Un trend significativo a considerare lo scenario macro nel quale è maturato. Nelle isole sono stati confermati i valori di giugno 2022, mentre sono risultati in diminuzione il Nord-Ovest (-1,3%), il Nord-Est (-2,2%) e soprattutto il Centro Italia (-5,0%).
Quanto alle singole regioni, nel confronto giugno 2023 contro giugno 2022, i finanziamenti sono cresciuti in Molise (+1,4%), Campania (+1,1%), Puglia (+0,4%), Sardegna (+0,4%) e Basilicata (+0,3%). Mentre le riduzioni più elevate si sono registrati in Valle d’Aosta (-8,5%), Lazio (-6,0%), Friuli-Venezia Giulia (-5,7%) e Provincia autonoma di Trento (-5,1%). Difficile tirare conclusioni quando è in gioco un solo confronto mensile, ma eventuali conferme quanto meno su un arco trimestrale consentirebbero di fare valutazioni più affidabili.
Meglio le famiglie delle imprese
Sensibili differenze si registrano, poi, in merito alla tipologia di beneficiari dei prestiti. Questi ultimi sono calati del 3,4% per quel che concerne le imprese e il dato non stupisce particolarmente, dato che il mondo del business solitamente è più reattivo nei confronti della congiuntura. Di fronte ai primi segnali di rallentamento, tante aziende hanno cominciato a tirare i remi in barca, limitando gli investimenti e quindi la necessità di finanziamenti.
Anche in questo caso ci sono delle differenze geografiche: -3,4% nel Nord-Ovest; -3,6% nel Nord-Est, -5,1% nel Centro, -0,4% nel Sud e -1,1% nelle Isole. Le regioni con un segno positivo sono il Molise (+4,0%), la Campania (+1,1%), Provincia autonoma di Bolzano (+1,5%).
All’opposto, crescono dell’1% nel confronto annuo i finanziamenti alle famiglie: +0,6% nel Nord Ovest, +0,8% nel Nord Est, +1,0% nel Centro, +2,0% nel Sud e +1,5% nelle Isole. I tassi di crescita più elevati dei finanziamenti alle famiglie si registrano in Puglia (+2,5%) e in Campania (+2,1%), in riduzione nella provincia di Trento (-1,0%), nelle Marche (-0,8%), Valle d’Aosta (-0,5%), Liguria (-0,4%).
Nessun allarme sulla qualità del credito
In merito alla qualità del credito, nel secondo trimestre del 2023 sono state registrate riduzioni rispetto al trimestre precedente relativamente alle sofferenze e alle inadempienze probabili, mentre sono cresciuti i prestiti scaduti o sconfinanti. In entrambi i casi si tratta di tendenze che hanno interessato tutte le macroaree della Penisola. Una situazione di relativa tranquillità, che sorprende in positivo a considerare la congiuntura complicata che stiamo attraversando.
Sul totale delle sofferenze, 14,4 miliardi di euro sono riconducibili alle imprese, 2,6 miliardi per mutui per acquisto abitazioni e 1,2 miliardi per credito al consumo. Quanto alle famiglie si tratta di livelli davvero contenuti, il che lascia immaginare che le banche continueranno a mantenere un atteggiamento costruttivo nell’erogazione dei mutui.
In linea con quanto emerso già in passato, il rapporto tra sofferenze e impieghi è più elevato nelle regioni del Mezzogiorno, 2,2% del totale rispetto all’1,2% del totale Italia, allo 0,9% nel Nord e all’1% nel Centro. I valori più elevati si registrano In Calabria (2,4%), in Sicilia e Sardegna con 2,3%; il livello più basso (0,6%) in Trentino-Alto Adige.
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