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I due volti dei prestiti in Italia

La domanda di finanziamenti da parte delle famiglie tiene botta. Un aspetto tutt'altro che scontato a considerare la congiuntura che stiamo attraversando. È quanto emerge da un'analisi dell'ABI, che ha elaborato i dati della Banca d'Italia fino a giugno.

Pubblicato il 06/10/2023
salute del credito
Mercato dei prestiti a famiglie e imprese

La stretta monetaria da parte della Banca centrale europea si ripercuote inevitabilmente sulla dinamica dei prestiti in Italia, anche se non in materia omogenea, a dimostrazione di come le reazioni del mercato siano spesso tutt’altro che prevedibili. Mentre le sofferenze restano contenute, soprattutto sul fronte dei mutui e del credito al consumo.

La tenuta del Mezzogiorno

Molto si è detto negli ultimi giorni a proposito dei dati di Bankitalia relativi a giugno, che evidenziano una contrazione dei prestiti nell’ordine del 2,4% rispetto al medesimo periodo del 2022. A ben guardare, tuttavia, lo scenario è parecchio differenziato in base alla tipologia di “utenti” e alle aree geografiche. Cominciando dal secondo ambito, nel Mezzogiorno vi è stata addirittura una crescita nel confronto annuo, per quanto limitato allo 0,5%. Un trend significativo a considerare lo scenario macro nel quale è maturato. Nelle isole sono stati confermati i valori di giugno 2022, mentre sono risultati in diminuzione il Nord-Ovest (-1,3%), il Nord-Est (-2,2%) e soprattutto il Centro Italia (-5,0%).

Quanto alle singole regioni, nel confronto giugno 2023 contro giugno 2022, i finanziamenti sono cresciuti in Molise (+1,4%), Campania (+1,1%), Puglia (+0,4%), Sardegna (+0,4%) e Basilicata (+0,3%). Mentre le riduzioni più elevate si sono registrati in Valle d’Aosta (-8,5%), Lazio (-6,0%), Friuli-Venezia Giulia (-5,7%) e Provincia autonoma di Trento (-5,1%). Difficile tirare conclusioni quando è in gioco un solo confronto mensile, ma eventuali conferme quanto meno su un arco trimestrale consentirebbero di fare valutazioni più affidabili.

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Meglio le famiglie delle imprese

Sensibili differenze si registrano, poi, in merito alla tipologia di beneficiari dei prestiti. Questi ultimi sono calati del 3,4% per quel che concerne le imprese e il dato non stupisce particolarmente, dato che il mondo del business solitamente è più reattivo nei confronti della congiuntura. Di fronte ai primi segnali di rallentamento, tante aziende hanno cominciato a tirare i remi in barca, limitando gli investimenti e quindi la necessità di finanziamenti.

Anche in questo caso ci sono delle differenze geografiche: -3,4% nel Nord-Ovest; -3,6% nel Nord-Est, -5,1% nel Centro, -0,4% nel Sud e -1,1% nelle Isole. Le regioni con un segno positivo sono il Molise (+4,0%), la Campania (+1,1%), Provincia autonoma di Bolzano (+1,5%).

All’opposto, crescono dell’1% nel confronto annuo i finanziamenti alle famiglie: +0,6% nel Nord Ovest, +0,8% nel Nord Est, +1,0% nel Centro, +2,0% nel Sud e +1,5% nelle Isole. I tassi di crescita più elevati dei finanziamenti alle famiglie si registrano in Puglia (+2,5%) e in Campania (+2,1%), in riduzione nella provincia di Trento (-1,0%), nelle Marche (-0,8%), Valle d’Aosta (-0,5%), Liguria (-0,4%).

Nessun allarme sulla qualità del credito

In merito alla qualità del credito, nel secondo trimestre del 2023 sono state registrate riduzioni rispetto al trimestre precedente relativamente alle sofferenze e alle inadempienze probabili, mentre sono cresciuti i prestiti scaduti o sconfinanti. In entrambi i casi si tratta di tendenze che hanno interessato tutte le macroaree della Penisola. Una situazione di relativa tranquillità, che sorprende in positivo a considerare la congiuntura complicata che stiamo attraversando.

Sul totale delle sofferenze, 14,4 miliardi di euro sono riconducibili alle imprese, 2,6 miliardi per mutui per acquisto abitazioni e 1,2 miliardi per credito al consumo. Quanto alle famiglie si tratta di livelli davvero contenuti, il che lascia immaginare che le banche continueranno a mantenere un atteggiamento costruttivo nell’erogazione dei mutui.

In linea con quanto emerso già in passato, il rapporto tra sofferenze e impieghi è più elevato nelle regioni del Mezzogiorno, 2,2% del totale rispetto all’1,2% del totale Italia, allo 0,9% nel Nord e all’1% nel Centro. I valori più elevati si registrano In Calabria (2,4%), in Sicilia e Sardegna con 2,3%; il livello più basso (0,6%) in Trentino-Alto Adige.

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A cura di: Luigi dell'Olio

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