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Era digitale: la pandemia ha avvicinato il futuro
Molti italiani, secondo una ricerca, durante le fasi più acute del Covid hanno usufruito per la prima volta di vari servizi online. L’esperienza è risultata facile e sarà mantenuta. La tecnologia è ormai ritenuta fondamentale nella vita quotidiana. Promosso a pieni voti lo smart working.
Il Covid ha proiettato l’Italia nel futuro, accorciandone i tempi della sua entrata nell’era digitale: è stata una vera e propria rivoluzione per la tradizionale prudenza degli italiani: ha fatto capire loro che, grazie a lavoro, formazione e gestione delle relazioni a distanza, la tecnologia può concedere diversi benefici a cui non sapremo più rinunciare.
Unico obbligo è quello di gestire questa evoluzione con la giusta consapevolezza. Intanto, in pochissimo tempo e senza tanti sforzi, il Paese ha consolidato nuove abitudini digitali: dallo smart working alla didattica a distanza, dalla spesa online ad accedere ai servizi pubblici via App. Lo rivela uno studio di Altroconsumo, che ha cercato di capire come si muovono gli italiani nella nuova realtà.
L’acquisto di nuovi device per entrare nell’era digitale
Per motivi legati al Covid, il 21% degli italiani ha acquistato almeno un nuovo dispositivo connesso a Internet: in particolare, tablet o computer portatile per il 13% dei rispondenti, stampante smart (4%) e console per videogiochi (4%). In molti casi si è trattato di necessità legate al lavoro da remoto, ma il motivo è stato soprattutto la didattica a distanza: come emerge dal fatto che la percentuale di chi ha acquistato nuovi device raggiunge il 34% tra chi vive con figli e il 40% tra gli studenti.
Spicca inoltre che, dall’esplosione del Covid, più di 1/3 degli italiani ha iniziato a utilizzare per la prima volta almeno un’App o una piattaforma online. La ragione principale è stata quella di farsi consegnare cibo o altri prodotti a casa (21%), fare attività fisica (11%) o guardare video in streaming (9%).
L’esperienza via rete è stata facile e verrà mantenuta
Molti consumatori, secondo lo studio, hanno usufruito per la prima volta di vari servizi online. Il 18% dei rispondenti, nel dettaglio, ha cominciato a fare la spesa nei negozi virtuali, il 10% ha rinnovato i propri documenti, il 9% ha pagato le utenze, il 9% ha fatto investimenti e il 7% ha acquistato abbigliamento: tutto per la prima volta via rete.
E, sorpresa, la maggior parte dichiara che è stato facile utilizzare questi servizi via Internet (con l’eccezione del rinnovo di documenti, che ha creato problemi al 43% dei rispondenti). È probabilmente, grazie a queste prime esperienze senza intoppi, che in tanti pensano di continuare a utilizzare servizi fiscali o assicurativi online e ad acquistare elettrodomestici o prodotti hi-tech via canale digitale.
Si passa troppo tempo online, per svago e vita privata
Dall’indagine emerge che il 46% degli italiani riconoscono di passare più tempo online (in media 3 ore al giorno) per motivi di svago e di vita privata rispetto a prima del Covid (percentuale che sale addirittura al 62% tra i 18-34enni). Un comportamento, ammettono, che ha ripercussioni a livello personale e nella sfera familiare.
Il 31% degli intervistati ritiene di fare spesso un uso eccessivo dei dispositivi connessi. Pensando ai propri figli adolescenti (13-17 anni) la preoccupazione è ancora più diffusa: il 59% dei genitori crede che trascorrano troppe ore online. C’è timore anche per i figli più piccoli. Il 27% di chi ha figli tra i 6 e i 12 anni pensa che passino troppe ore collegati alla rete e l’11% ha lo stesso timore riguardo ai propri figli sotto i 6 anni. Nel complesso, il 39% ritiene che le proprie abitudini di utilizzo di internet abbiano un impatto negativo sulla propria salute.
Lo smart working promosso a pieni voti
Lo smart working, secondo la maggioranza degli italiani, ha effetti positivi. Tra chi ha un lavoro che può essere svolto almeno in parte da remoto, 3 intervistati su 4 lavorano attualmente da casa e il 51% prevede di avere questa possibilità anche al termine della pandemia (prima del Covid solo al 29% era concesso di farlo). Lavorare tra le mura domestiche ha avuto nel complesso un impatto positivo: il 65% ritiene che abbia migliorato la propria vita professionale, mentre solo l’8% sostiene che l’abbia peggiorata.
Gli aspetti che hanno beneficiato maggiormente sono la conciliazione con i tempi della vita privata (per il 66%), il proprio rendimento (64%) e la riduzione dello stress (62%). Non mancano, però, i problemi: sono cambiate soprattutto le relazioni con i colleghi, che per il 22% degli intervistati sono peggiorate.
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