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Crediti NPE: nel 2021 rischio default ai minimi storici
Il rischio di credito nel 2021 ha raggiunto i minimi storici, grazie agli interventi di sostegno, permettendo al tasso di default di scendere all’1,2 per cento nelle famiglie e all’1,6 per cento tra le società. I settori più a rischio sono quelli più toccati dall’emergenza sanitaria.

Un mercato del credito conveniente, un’economia in crescita e l’aumento della fiducia hanno rappresentato i principali fattori che hanno ‘irrobustito’ lo scorso anno il mercato del credito. Un settore che, come emerge dalla terza edizione dell’Osservatorio NPE di CRIBIS Credit Management (gruppo CRIF), ha registrato nel 2021 una significativa contrazione dei tassi di default, sia per le società di capitali, sia per quanto riguarda le famiglie. Le prospettive non sono però altrettanto positive: da una parte c’è una situazione geopolitica internazionale non spinge all’ottimismo e, dall’altra, c’è da considerare la fine delle misure di sostegno del credito decise dal Governo come risposta all’emergenza Covid.
Attesa inversione di tendenza con fine misure di sostegno
Un quadro che, secondo l’analisi, rende plausibile un’inversione di tendenza con un aumento del rischio nei prossimi mesi, con particolare effetto previsto sulle piccole e medie imprese. Le moratorie ancora in essere, a tutto dicembre dello scorso anno si attestano al 10,2% del totale attivato e mostra come l’effetto sul contenimento del rischio di credito sia stato efficace (erano al 21,8% lo scorso settembre e all’81,8% nel dicembre 2020). Entro il secondo semestre 2022 si prevede tuttavia che il fenomeno venga totalmente assorbito, a meno che non siano attuate nuove misure per evitare potenziali shock dovuti ai recenti sviluppi socio-economici. L’analisi nel periodo dicembre 2020-dicembre 2021 mostra per le società di capitali un tasso di default all’1,6% (dal 2,6%) e quello delle persone fisiche all’1,2% (dall’1,6%).
Il lockdown ha aiutato le famiglie a rispettare le scadenze
Il rischio di credito lo scorso anno ha raggiunto così i minimi storici, grazie agli interventi governativi e di categoria che hanno mitigato in modo estremamente efficace gli effetti della crisi economica causata dal Covid.
È quanto ha osservato Alberto Sondri, executive director CRIBIS Credit Management, il quale ritiene che un ridotto livello di consumi, registrato nel periodo pandemico, abbia consentito - in particolare alle famiglie - di mantenere gli obblighi finanziari contratti precedentemente al 2020. Per quanto riguarda invece la liquidità delle imprese, ha aggiunto, un ruolo fondamentale l’hanno avuto gli strumenti di finanza agevolata. La ricerca sposta l’attenzione ai prossimi mesi, caratterizzati dal termine delle moratorie e dall’avvio dei piani di rimborso dei crediti garantiti: appuntamenti che potrebbero determinare un’inversione di tendenza dei default.
In cima alla lista ‘UTP’ i settori più toccati dal Covid
L’analisi, circa le inadempienze probabili (UTP, unlikely to pay), rileva che tra i settori più presenti in questa ‘categoria’ ci sono l’immobiliare, le costruzioni e l’intrattenimento, a dimostrazione di una maggiore concentrazione in quei comparti più impattati dall’emergenza sanitaria. Sul fronte opposto, ovvero quelli meno presenti, ci sono i settori dell’industria farmaceutica, l’elettronica e il comparto petrolifero. L’analisi della quota di esposizioni in UTP per natura giuridica, mostra che il 51% è collegabile a società di capitali e persone, il 12% a famiglie produttrici mentre per il 37% a famiglie consumatrici.
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