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Cessione del quinto: non va trattenuto nessun costo aggiuntivo in busta paga
La Corte di Cassazione ha stabilito che un datore di lavoro non può addebitare al proprio dipendente, decurtandoli dalla retribuzione, i costi amministrativi per la gestione della cessione del quinto dello stipendio. Scopri le novità e trova un’offerta vantaggiosa per risparmiare sulla rata mensile.

Il datore di lavoro non può addebitare al lavoratore, come trattenute sulla retribuzione, i costi amministrativi per la gestione della cessione del quinto dello stipendio. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con la sentenza numero 22362 del 7 agosto 2024.
Il ricorso contro la sentenza della Corte d’appello
I giudici della Corte Suprema sono stati chiamati a pronunciarsi sul caso sollevato da una società che ha fatto ricorso contro la sentenza del marzo 2021 della Corte d’appello di Milano, la quale aveva confermato la precedente sentenza di primo grado del Tribunale, dove in entrambe le circostanze si dava ragione a un dipendente di un’azienda privata che si era rivolto al giudice del lavoro allo scopo di accertare se fossero legittime o meno le trattenute nella sua busta paga da parte del datore di lavoro “a titolo di costi di gestione amministrativi funzionali alla cessione del quinto dello stipendio”.
Cassazione: nessun aggravio dei costi amministrativi
Anche la Cassazione ha rigettato il ricorso della società, la quale sosteneva che la cessione del quinto dello stipendio del proprio dipendente aveva causato un aggravio dei costi amministrativi dell’azienda stessa e non rientranti nelle consuete e normali operazioni connesse al rapporto di lavoro.
I giudici della Cassazione hanno confermato le sentenze di primo e secondo grado, ritenendo illegittime le trattenute dalla retribuzione per la gestione della pratica del quinto dello stipendio, perché non è provata “la maggior gravosità delle prestazioni comportate dal servizio di contabilizzazione e gestione amministrazione, funzionale alla cessione del quinto dello stipendio degli impianti rispetto alla propria organizzazione aziendale, tale da determinare costi ingiusti, intollerabili o sproporzionati, meritevoli quindi di essere ristorati”, mediante una decurtazione dello stipendio.
La cessione del quinto non è estranea al rapporto di lavoro
La forma di credito al consumo della cessione del quinto dello stipendio, scrivono ancora gli “ermellini” della Corte Suprema, prevede “contratti di finanziamento rateale” che non sono estranei "al rapporto di lavoro o in relazione soltanto occasionale con essa quale mera fonte di provvista economica", ma sono radicati in esso, al pari delle "operazioni di contabilizzazione delle ferie, malattie, informati, permessi, anticipazioni del TFR”.
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