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Finanza alternativa: il mondo del credito è più integrato

Cresce in Italia la finanza alternativa per le Pmi, che possono accedere al credito in un sistema oggi molto più integrato e dalle molteplici possibilità. Solo nell’ultimo anno, luglio 2018-giugno 2019, sono stati veicolati circa 3 miliardi di euro, con un aumento di oltre il 30% rispetto ai 2,3 miliardi dell’anno precedente. Ciò ha facilitato l’accesso al capitale e ha permesso a tante piccole e medie imprese italiane di incrementare la propria competitività e di ottenere vantaggi in termini di accresciute competenze manageriali, visibilità sul mercato e opportunità di investimento. Lo riporta il secondo ‘Quaderno’ di ricerca sulle forme di finanziamento complementari al credito bancario, redatto dagli Osservatori Entrepreneurship&Finance della School of Management del Politecnico di Milano.
Obiettivo: aumentare competitività dell’ecosistema
“Il mercato della finanza alternativa, o per meglio dire della finanza complementare, al credito bancario - ha affermato Giancarlo Giudici, estensore dello studio - per le Pmi continua a crescere in Italia, come nel resto d’Europa: nuovi attori si affacciano sulla scena e c’è attenzione anche dalla politica, interessata a far affluire risorse verso l’economia reale”. Inoltre, ha spiegato, “i player specializzati in singole filiere, ora - anche in risposta a evoluzioni graduali della normativa, che mirano a incrementare la competitività dell’ecosistema con nuovi canali di finanziamento - si propongono come attori globali, con soluzioni diversificate e mirate: piattaforme di equity crowdfunding collocano minibond, portali di invoice trading fanno anche operazioni di lending, business angel sono attivi nell’equity crowdfunding. Accanto al modello della banca universale sta dunque emergendo un ecosistema a rete che ambisce a diventare partner delle imprese in tutto l’arco della loro vita”.
Questi gli strumenti complementari
In particolare, gli strumenti che hanno prodotto questi finanziamenti sono stati il private equity e il venture capital che - dopo alcuni mesi di difficoltà -, hanno ripreso a svolgere un ruolo prioritario nell’industria del nostro Paese. Non è mancato l’apporto dell’invoice trading, che ha continuato ad aumentare al contrario della raccolta effettuata tramite i minibond che, stando alla ricerca del Politecnico, si è contratta ma potrebbe ancora essere spinta in futuro dai ‘basket bond’. In positivo anche l’attività di crowdfunding, che ha mantenuto buoni tassi di crescita pur rimanendo ancora comparativamente piccolo. L’offerta di token digitali, spinta dalla tecnologia blockchain, è invece in attesa di una probabile regolamentazione. Sono queste alcune delle principali evidenze emerse dal ‘Quaderno’ presentato al primo “Alt-Finance Day”, organizzato dalla Camera di Commercio di Milano Monza Brianza Lodi. Nel Report del Politecnico sono stati analizzati sei ambiti specifici, con l’obiettivo di individuare il contributo che hanno dato alla raccolta di risorse finanziarie per le Pmi italiane rispetto al tessuto imprenditoriale nel suo complesso.
Nello specifico: minibond (ricorso al mercato mobiliare per il collocamento di titoli di debito come obbligazioni e cambiali finanziarie), del crowdfunding (opportunità di raccogliere capitale su portali Internet nelle varie forme ammesse, come reward, lending, equity), dell’invoice trading (smobilizzo di fatture commerciali attraverso piattaforme web); del direct lending (credito fornito da soggetti non bancari attraverso prestiti diretti), dell’Initial Coin Offering, ICOs, (collocamento di token digitali su Internet grazie alla tecnologia emergente della blockchain), del private equity e del venture capital (finanziamento con capitale di rischio fornito da investitori professionali, a volte prodromico alla quotazione in Borsa).
Pmi italiane, soddisfatte dell’accesso credito
Un’indagine di Unioncamere Lombardia – dove c’è la maggiore concentrazione delle Pmi - sulle imprese dell’industria e artigianato rivela la loro soddisfazione per quanto riguarda l’accesso al credito, a cui ricorrono per investimenti produttivi (per oltre una su tre) e per liquidità e cassa (per circa per il 40%). Hanno un giudizio positivo in generale: migliore per il tipo di strumenti finanziari, i tassi, i tempi e meno positivo per condizioni accessorie, costo complessivo, garanzie richieste. Circa due imprese su dieci segnalano infatti come criticità l’aumento dei costi accessori e delle garanzie richieste. Per contro un’indagine annuale del Fondo Europeo per gli Investimenti, che misura la facilità di accesso al capitale per le Pmi nell’Ue, vede l’Italia scendere nel 2018 dal 17.mo al 19.mo posto, scavalcata da Estonia e Portogallo. Secondo la Bce, in Italia la quota di Pmi potenzialmente vulnerabili in termini finanziari (con ricavi e profitti in calo mentre debito e pagamento di interessi aumentano) è superiore al 7% contro una media Ue del 3%. Inoltre, le Pmi italiane sono relativamente più pessimiste nei confronti dell’accesso al credito bancario: solo il 12% dichiara una maggiore disponibilità delle banche rispetto all’anno precedente (erano al 17%).
Per metà delle imprese la prima fonte è l’auto finanziamento, pari al credito bancario. A questo proposito le imprese tendono con sempre maggiore frequenza a informarsi in rete, dove hanno la possibilità di confrontare le varie offerte delle banche e delle finanziarie. Uno strumento utile in questo senso è sicuramente PrestiPro.it, piattaforma dedicata al mondo business dove professionisti e società individuali possono disegnare autonomamente un prestito in base alle proprie necessità.
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