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Ristrutturare i debiti? Si può!
Il sovraindebitamento è una situazione sempre più frequente in un contesto di crisi economica, dato che non è raro incontrare imprese o privati in una simile situazione.
In questo senso si è mosso qualche anno fa il Governo italiano, promuovendo un aggiornamento della legislazione in materia, volto a estendere le tutele previste in ambito ristrutturazione del debito anche ai privati, senza l’obbligo di un accordo con il creditore.
Così facendo, i soggetti che permangono per periodi prolungati in squilibrio economico tra obbligazioni assunte e il patrimonio da liquidare, entrando nella spiacevole condizione di non poter onorare i propri debiti, possono beneficiare delle procedure di ricomposizione della crisi da sovraindebitamento.
Le disposizioni in materia sono contenute nella Legge n. 3 del 27 gennaio 2012, Capo II - Sezione I, successivamente integrata dalla Legge n. 221 del 17 dicembre 2012, modifiche entrate in vigore il 18 gennaio 2013. In questo caso si fa specifico riferimento ai debitori non soggetti al fallimento, secondo quanto previsto a metà del secolo scorso dalla legge fallimentare regio decreto 16/03/1942 numero 267.
Per essere soggetti a fallimento, bisogna dimostrare di esercitare un’attività commerciale, ad eccezione dei seguenti casi che precludono l’azione fallimentare:
- nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell'istanza di fallimento o dall'inizio della attività, se di durata inferiore, un attivo patrimoniale complessivo annuo non superiore ad euro 300.000 (si è soggetti a fallimento se si supera il limite anche solo uno dei tre anni);
- sempre nei tre esercizi antecedenti, ricavi lordi per un ammontare complessivo non superiore ad euro 200.000 (basta superare il limite in uno dei tre anni per essere soggetto a fallimento);
- ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro 500.000.
Per quanto riguarda i privati, è possibile chiedere un accordo o un piano di rientro del debito presso il Tribunale competente, avvalendosi di un Professionista abilitato. A tale procedura possono far ricorso tutti coloro i quali non rientrano nelle procedure fallimentari.
Tra le azioni previste per sanare il sovraindebitamento, troviamo l'accordo di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti sulla base di un piano proposto dal debitore o, in alternativa, il piano del consumatore.
Nel primo caso la proposta è stabilita in accordo con i creditori, previo ottenimento della maggioranza dei voti dei titolari del credito. In questo caso il debitore potrà pagare i propri debiti anche non integralmente, purché in linea con quanto stabilito.
Nel secondo caso non è necessario l'accordo con i creditori, ma è il Tribunale a stabilire la validità del piano di rientro. In ogni caso il debitore si impegna a rispettare la ristrutturazione dei propri debiti anche attraverso la cessione di propri crediti futuri, specificando le proprie consistenze patrimoniali a garanzia dell’impegno preso.
E’ possibile far ricorso a terzi in qualità di garanti, mediante consenso scritto ed indicazione dei redditi che dovrebbero coprire eventuali inadempienze. Una volta depositata la richiesta di ricomposizione del debito, attraverso un procedimento legale, si conferma la validità dell’accordo/piano. La proposta di accordo implica che il tribunale interpelli i creditori al fine di ottenere il consenso di almeno il 60% dei titolari di crediti.
L'omologazione del piano del consumatore è più snella, pur prevedendo ugualmente la convocazione dei creditori per la loro audizione. Di fronte a un processo di ricomposizione del debito, il creditore ha facoltà di esprimere diniego o contestare il piano o l’accordo. In questo caso sarà il giudice a stabilire la validità o meno della procedura, premettendo che la decisione è subordinata alla soddisfazione del creditore attraverso il piano. Diversamente si deve procedere alla liquidazione dell’intero patrimonio debitore.
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